Si chiude oggi il collocamento della 4° emissione del BTP Valore, la tipologia di titoli “pensata” per le famiglie e gli investitori retail domestici. Le sottoscrizioni dovrebbero arrivare intorno ai 12 MD (a ieri sono stati raggiunti € 10.25 MD): senza dubbio un buon risultato per il Tesoro, anche se ben lontano dalle precedenti edizioni, che, complessivamente, avevano raccolto € 53,5 MD, con il clamoroso picco di € 18,3 MD del febbraio-marzo scorsi.
Diverse sono le ragioni che hanno fatto si che questa volta ci si sia tenuti lontani dai picchi precedenti.
In primo luogo, come è normale che sia, è subentrata una certa “assuefazione”. La nuova formula è nata lo scorso giugno: in soli 11 mesi sono, dunque, già 4 le “stagioni”. La novità, pertanto, ha ceduto il passo alla “routine” e, come ben sappiamo, la routine, se da una parte ci fa sentire “comodi”, dall’altra qualche motivazione la fa venir meno.
In seconda battuta, è vero che la liquidità sui conti delle famiglie italiane è ancora molta (si stima, al netto del segmento imprese, tra i 1.100 e i 1.300 MD), ma comunque in diminuzione rispetto ai mesi scorsi. E’ evidente che l’inflazione qualche conseguenza l’ha avuta: l’aumento dei prezzi di beni e servizi, non bilanciata dagli aumenti salariali (fatto, questo, che un aspetto positivo lo ha: se i salari avessero “conglobato” l’inflazione oggi, probabilmente, farebbe un po’ più fatica a scendere, essendo rimasto invariato il potere di acquisto. Quindi è sempre buona – entro certi limiti – la regola che “non tutti i mali vengono per nuocere”…), ha contribuito a ridurre i consumi. A cui va aggiunto il fatto, valido soprattutto per i ceti medio-bassi (probabilmente uno dei “target” a cui sono mirate le emissioni del BTP Valore, tant’è vero che una delle leve utilizzate per spingere le sottoscrizioni è l’esenzione dalle dichiarazioni ISEE sino ad € 50k), che il forte aumento dei tassi ha provocato la lievitazione delle rate dei mutui e dei prestiti ha costretto non pochi ad intaccare il “tesoretto” della liquidità.
Un terzo aspetto, poi, è dato dal rendimento offerto, sostanzialmente in linea con il precedente (e, almeno parzialmente, con la 1° edizione), vale a dire il 3,35% per il 1° triennio (vso il precedente 3,25%), a cui segue il 3,90% per il 2° (vso 4%), mentre il premio fedeltà è passato allo 0,8% dal precedente 0,7%. Una scelta che trova spiegazione nel fatto che, in questi ultimi 2 mesi, i tassi , non solo in Italia, ma un po’ in tutto il mondo, non solo non sono scesi, ma in qualche caso saliti (vedi Treasury Usa), contrariamente alle aspettative che inducevano ad una traiettoria un po’ diversa. Una valutazione, peraltro, quella fatta da molti risparmiatori, forse più focalizzata sul “qui e ora” che non sulle previsioni per i prossimi anni: già a giugno, come recentemente più volte ricordato, potremmo vedere, in Europa, un ritorno alle politiche monetarie espansive, primo passo verso la “normalizzazione”, e quindi al ripristino di tassi più “coerenti” alla situazione macro che stiamo vivendo.
L’ultima considerazione riguarda, riprendendo, in parte, l’effetto “novità”, il fatto che non sono pochi coloro che hanno già in portafoglio questo strumento finanziario. Probabile, quindi, che, in alcuni casi, qualcuno abbia preferito “passare la mano” : si consideri, comunque, che in poco più di 2 mesi il Tesoro ha raccolto, dalle famiglie italiane, circa € 30 MD – 18,3 a febbraio, 12 – se le previsioni verranno centrate – questa settimana. Che rappresentano, rispetto al totale delle emissioni della prima parte dell’anno, una partecipazione sostenuta da parte dei risparmiatori italiano al fabbisogno del Tesoro.
Numeri, peraltro, che, se messi in confronto con quanto sta succedendo oltre Atlantico, diventano ben poca cosa: con un debito che oramai è intorno ai $ 34.000 MD, infatti, il Tesoro Usa, solo nel trimestre in corso, è chiamato ad emissioni per circa $ 243 MD, ben 41 in più rispetto alle stime di gennaio scorso, mentre nel 3° trimestre saranno ben $ 847 MD. Cifre “monstre”. Peraltro il Tesoro Usa non dovrebbe correre rischi nel “coprire” le emissioni. Ma, siccome ogni cosa ha un prezzo, è probabile che dovrà far venire “l’acquolina” agli investitori: ecco spiegata, allora, una delle ragioni per cui i tassi (e gli spread) continuano a rimanere “in quota”.
Si è chiusa positivamente, ieri, la giornata a Wall Street.
Il Dow Jones è salito di un altro 0,85%, con il Nasdaq a + 0,16% e lo S&P 500 a + 0,51%.
Si apprestano a chiudere per lo più in rialzo gli indici asiatici. A primeggiare, di gran lunga, Hong Kong, dove l’Hang Seng fa faville (+ 2,11%). Piuttosto positivo il Nikkei (+ 0,41%), mentre, seppur in fase di recupero, rimane debole (– 0,12%) Shanghai. Positive le altre piazze, con il Kospi a + 0,6%, Sidney idem, Mumbai che ha aperto a + 0,5%.
Di “buona lena” i futures, ovunque in rialzo (0,10/0,15%).
Nuovi segnali di ripresa del petrolio, con il WTI a $ 79,94 (+ 0,74%).
Gas naturale a $ 2,322 (+ 0,78%).
Torna a brillare l’oro, che questa mattina sale dell’1,15%, a $ 2.369.
Spread a 129,9, per un BTP al 3,82%.
Bund sempre in “area” 2,50% (2,48).
Treasury a 4,45%, dal precedente 4,51%.
Si rafforza l’€, che si porta a 1,0778 vso $.
Bitcoin in ripresa dai minimi di ieri, a $ 62.857.
Ps: in India, dalla fine di aprile e sino ai primi di giugno, sono in vigore le elezioni per nominare il nuovo Parlamento: le elezioni più lunghe del mondo. Un territorio immenso, in molti casi ricoperto da giungle e foreste, montagne inarrivabili, territori sperduti, difficilissimi da raggiungere. Come la foresta di Gir, dove vi è un tempio dedicato a Shiva, assegnato alle cure di un monaco buddista. Uno solo. Per il quale, però, 10 scrutatori hanno raggiunto, dopo 2 giorni di viaggio, il seggio elettorale a cui è iscritto. Fin qui nulla di strano: se non fosse che Mahant Haridas Udassen (così si chiama il monaco indù) è l’unico elettore. Che, ovviamente, andrà a votare. La percentuale di partecipazione, quasi certamente, sarà la più alta del mondo: 100%. Altro che assenteismo elettorale. Sono cose che succedono (solo in India però).